Le conseguenze del recesso nel contratto di apprendistato
Gentili clienti,
Il contratto di apprendistato, definito dall'articolo 1, comma 1, del Testo Unico sull'Apprendistato, è "un contratto di
lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e all'occupazione dei giovani", disciplinato dal D.Lgs. 81 del 15
giugno 2015.
Nello specifico, si tratta di un rapporto a "causa mista", perché è un contratto lavorativo che combina la formazione
professionale con l'esperienza pratica sul posto di lavoro, elemento imprescindibile che caratterizza il contratto stesso.
Questa coesistenza tra prestazione lavorativa e formazione lo configura come contratto a "causa mista".
Durante l'apprendistato, l'apprendista acquisisce conoscenze e competenze specifiche della professione.
A fronte della sua prestazione lavorativa, quindi, l'apprendista viene retribuito con una somma di denaro a cui si
aggiunge una specifica formazione per lo svolgimento della mansione.
Inoltre, a differenza di altri contratti di lavoro, ha come obiettivo il raggiungimento di una determinata qualificazione
professionale.
La formazione e le attività di apprendimento, necessarie a raggiungere questa qualificazione professionale, sono
contenute nel "Piano Formativo Individuale" (PFI), che delinea la qualificazione stessa come parte integrante del
contratto di assunzione, e deve essere elaborato in base alle linee guida della contrattazione collettiva.
Si ricorda che, sulla base della qualifica professionale che il soggetto intende raggiungere, la legge individua tre tipologie
di contratto di apprendistato:
1) apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, per i giovani dai 15 ai 25 anni compiuti, finalizzato a conseguire uno delle predette qualificazioni in ambiente di lavoro;
2) apprendistato professionalizzante, per i giovani dai 18 e i 29 anni compiuti, finalizzato ad apprendere un mestiere o a conseguire una qualifica professionale;
3) apprendistato di alta formazione e ricerca, per i giovani dai 18 e i 29 anni compiuti, finalizzato al conseguimento di titoli di studio universitari e dell'alta formazione, compresi i dottorati di ricerca, i diplomi relativi ai percorsi degli istituti tecnici superiori, per attività di ricerca nonché per il praticantato per l'accesso alle professioni ordinistiche.
Licenziamento
Configurandosi, dunque, a tutti gli effetti come un contratto di lavoro a tempo indeterminato, finalizzato alla formazione
e all'occupazione dei giovani, l'apprendista beneficia delle tutele previste dall'ordinamento contro il licenziamento
illegittimo, ovvero senza giusta causa o giustificato motivo.
Un apprendista, infatti, può anche essere licenziato durante il periodo formativo o al suo termine, e le modalità sono
diverse, a seconda che ci si trovi in un momento o nell'altro del rapporto:
1. durante l'apprendistato, il datore di lavoro può licenziare l'apprendista solamente per giusta causa o per giustificato motivo oggettivo o soggettivo, esattamente come previsto per i contratti a tempo determinato e indeterminato:
a. il licenziamento per giusta causa (articolo 2119 c.c.) è un licenziamento disciplinare, ed è dunque conseguente a un grave comportamento dell'apprendista e, in questo caso, il preavviso non serve;
b. il licenziamento per giustificato motivo soggettivo è simile, ma riguarda condotte meno gravi, mentre il giustificato motivo oggettivo (articolo 3, Legge n. 604/1966) è di tipo economico e viene applicato, ad esempio, quando l'azienda è in difficoltà economica;
Per licenziare l'apprendista durante il periodo formativo, l'azienda dovrà inviare una lettera scritta all'apprendista in cui
ne contesta il comportamento, concedendo dunque cinque giorni per presentare elementi di difesa e, al loro termine,
procedere con il licenziamento compilando e inviando il modello UniLav;
2) se il licenziamento avviene invece al termine dell'apprendistato (c.d. recesso ad nutum), impedisce di fatto che il
contratto di formazione si trasformi in un contratto a tempo indeterminato.
La motivazione non è necessaria, ma le modalità sono ben definite: è richiesta la forma scritta, l'indicazione dell'ultimo
giorno di lavoro dell'apprendista, il rispetto del periodo di preavviso fissato dal CCNL, la compilazione del modello UniLav.
Dopo il licenziamento, sia che avvenga durante l'apprendistato o al suo termine, il lavoratore ha diritto a percepire la
NASpl come ogni altro dipendente.
Recesso e preavviso
Ancora, il comma 4, dell'articolo 42 del D.Lgs. 81/2015, prevede espressamente la possibilità per le parti di recedere dal
contratto, ai sensi dell'articolo 2118 c.c., con preavviso decorrente dal termine del periodo di apprendistato, quindi alla
scadenza del contratto e col solo onere di dare preavviso alla controparte secondo quanto previsto dai contratti collettivi
o dalla volontà delle parti.
Se nessuna delle due parti si avvale di questa facoltà, il rapporto prosegue come ordinario rapporto di lavoro subordinato
a tempo indeterminato.
Dunque, per individuare il termine di preavviso per le dimissioni previste per un contratto di apprendistato, è necessario
consultare il CCNL di riferimento, anche se, generalmente, valgono gli stessi termini di preavviso dimissioni e
licenziamento del normale contratto.
In particolare, è necessario che il periodo compreso tra la rassegnazione delle dimissioni e la cessazione del rapporto di
lavoro, non sia inferiore a quanto fissato dal CCNL.
Il richiamo all'articolo del codice civile 2118 consente di affermare che, in caso di mancato rispetto del periodo di
preavviso, come ad esempio la decisione di risolvere con effetto immediato il rapporto di lavoro, considerata la sua
efficacia obbligatoria, fa conseguire unicamente l'obbligo di corrispondere, alla controparte che non l'abbia ricevuto, la
relativa indennità sostitutiva.
In particolare, prevede che "In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l'altra parte a un'indennità
equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso. La stessa indennità è dovuta
dal datore di lavoro nel caso di cessazione del rapporto per morte del prestatore di lavoro."
L'indennità sostitutiva di preavviso, come previsto dall'articolo 2121 c.c., si calcola sulla base della retribuzione
normalmente spettante al lavoratore, al momento in cui la parte decide di interrompere il rapporto di lavoro,
comprensiva di:
- provvigioni;
- premi di produzione;
- partecipazioni agli utili;
- indennità sostitutive di mensa e di alloggio;
- aumenti contrattuali, scatti di anzianità e ogni altro compenso non connesso alla produttività individuale del lavoratore;
- ogni altro compenso di carattere continuativo, ad esempio il canone di locazione pagato dal datore di lavoro nel caso di riconoscimento di un alloggio.
Occorre precisare che non considerati componenti della retribuzione i rimborsi spese, mentre occorre tenere conto di
eventuali ratei di tredicesima mensilità e altre mensilità aggiuntive, cioè la quota parte di questi riconoscimenti
economici rapportati al periodo di preavviso.
Ai fini del calcolo, occorre poi conoscere l'esatto periodo di preavviso stabilito dal contratto collettivo in base alla qualifica
e all'anzianità di servizio del dipendente.
Mancato preavviso da parte del datore di lavoro
Se la decisione di interrompere il rapporto di lavoro, prima del termine previsto per il preavviso dal CCNL di riferimento,
è del datore di lavoro, come suddetto, dovrà assicurarsi previamente il consenso del dipendente.
Qualora lo ottenga, sarà tenuto a corrispondergli la relativa indennità sostitutiva; diversamente il periodo di preavviso
scadrà naturalmente e il datore di lavoro non potrà opporsi. Resta inteso che, in tutti i casi in cui verrà corrisposta
l'indennità sostitutiva del preavviso, il rapporto di lavoro avrà immediata risoluzione.
Le somme riconosciute in busta paga a titolo di indennità saranno imponibili ai fini previdenziali ed assistenziali, quindi,
su questo importo, sia il lavoratore che l'azienda, dovranno versare i contributi a loro carico. Mentre per quanto riguarda
il trattamento fiscale, l'indennità sarà assoggettata a tassazione separata, con la medesima aliquota media utilizzata per
il Trattamento di Fine Rapporto (TFR).
Mancato preavviso da parte del lavoratore
Se è il lavoratore dimissionario a non voler rispettare il periodo di preavviso, il datore di lavoro avrà il diritto di
trattenere, a titolo di indennità sostitutiva del preavviso stesso, i compensi che spettano al dipendente nel corso di detto
periodo.
In tal caso, l'importo dell'indennità sostitutiva trattenuta al lavoratore dal datore di lavoro non inciderà né sull'imponibile
ai fini fiscali né su quello previdenziale. La somma, infatti, sarà trattenuta sul netto in busta paga, ossia il lavoratore e il
datore pagheranno comunque l'IRPEF e i contributi sull'importo lordo, e il lavoratore percepirà il netto solo per la parte
che eventualmente sarà eccedente rispetto all'indennità di preavviso spettante all'azienda.