Co.co.co. sportivi e volontari: come gestire i rapporti di lavoro
Gentile Cliente,
La riforma del lavoro sportivo è stata varata con il D.Lgs. n. 36/2021, in attuazione della delega contenuta all'art. 5 della legge n. 86/2019.
La riforma si apre con l’introduzione, all’art. 25 del D.Lgs n. 36/2021, di una definizione estremamente chiara della figura del lavoratore, stabilendo che “è lavoratore sportivo l'atleta, l'allenatore, l'istruttore, il direttore tecnico, il direttore sportivo, il preparatore atletico e il direttore di gara che, senza alcuna distinzione di genere e indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico, esercita l'attività sportiva verso un corrispettivo a favore di un soggetto dell'ordinamento sportivo iscritto nel Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche, nonché a favore delle Federazioni sportive nazionali, delle Discipline sportive associate, degli Enti di promozione sportiva, delle associazioni benemerite, anche paralimpici, del CONI, del CIP e di Sport e salute S.p.a. o di altro soggetto tesserato. È lavoratore sportivo ogni altro tesserato, ai sensi dell'articolo 15, che svolge verso un corrispettivo a favore dei soggetti di cui al primo periodo le mansioni rientranti, sulla base dei regolamenti tecnici della singola disciplina sportiva, tra quelle necessarie per lo svolgimento di attività sportiva, con esclusione delle mansioni di carattere amministrativo-gestionale.”
Il comma 1 ter ricomprende nella definizione di lavoro sportivo anche quelle mansioni ritenute necessarie allo svolgimento delle singole discipline sportive in base ai regolamenti tecnici delle Federazioni Sportive Nazionali e delle Discipline Sportive Associate che confluiscono in apposito decreto della presidenza del Consiglio dei Ministri emanato entro il 31 dicembre di ciascun anno (per l’anno 2024 è stato emanato il D.P.C.M. 22 gennaio 2024).
Dunque, gli elementi fondamentali per il riconoscimento di un rapporto di lavoro sportivo sono:
a) lo svolgimento delle specifiche mansioni elencate all’art. 5, ovvero quelle che nel tempo il “sistema sport” riterrà necessarie allo svolgimento delle singole discipline sportive;
b) la presenza di una prestazione retribuita resa esclusivamente in favore di enti dell’ordinamento sportivo i quali, in ambito dilettantistico, dovranno essere necessariamente iscritti al Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche (RASD).
Ai rapporti di lavoro subordinato sportivi, in base a quanto disposto all’art. 26, non si applicano le norme in materia di licenziamento individuale e collettivo contenute nello Statuto dei Lavoratori, nella legge 604/1966, nella legge n. 108/1990, nella legge n. 223/1991, nel D.Lgs n. 23/2015 comunemente denominato Jobs act e nemmeno le disposizioni in tema di mansioni contenute all’articolo 2103 del Codice civile.
Lo Statuto dei lavoratori non trova inoltre applicazione per quanto concerne:
- l’utilizzo di impianti audiovisivi e gli altri strumenti di controllo a distanza;
- gli accertamenti sanitari sull’idoneità lavorativa;
- l’applicazione di sanzioni disciplinari irrogate dalle Federazioni Sportive Nazionali, dalle Discipline Sportive Associate e dagli Enti di Promozione Sportiva, anche paralimpici.
La norma dispone anche regole speciali anche in materia di durata del contratto, consentendo l’apposizione di un termine finale purché non si superino complessivamente i cinque anni e viene anche riconosciuta piena libertà in tema di successione di contratti a tempo determinato tra medesimi soggetti.
Infine, è consentito che il contratto di lavoro subordinato contenga una clausola compromissoria che preveda la devoluzione ad un collegio arbitrale delle controversie scaturenti dal contratto medesimo ed è invece vietata l’apposizione di “clausole di non concorrenza o, comunque, limitative della libertà professionale dello sportivo per il periodo successivo alla cessazione del contratto stesso”.
Con specifico riguardo al settore dilettantistico, una delle disposizioni più interessanti si rinviene nel secondo comma dell’art. 28 del D.Lgs n. 36/2021, che introduce una presunzione di lavoro autonomo, nella forma della collaborazione coordinata e continuativa, al verificarsi di due specifici requisiti nei confronti del medesimo committente:
a) la durata delle prestazioni oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non supera le 24 ore settimanali, escluso il tempo dedicato alla partecipazione a manifestazioni sportive;
b) le prestazioni oggetto del contratto risultano coordinate sotto il profilo tecnico-sportivo, in osservanza dei regolamenti delle Federazioni sportive nazionali, delle Discipline sportive associate e degli Enti di promozione sportiva, anche paralimpici.
La presenza di parametri orari e osservanza di specifici regolamenti, sono elementi che normalmente potrebbero fare dubitare della genuinità di una collaborazione coordinata e continuativa “ordinaria” ma, in ambito sportivo dilettantistico, diventano invece requisito di genuinità del rapporto di lavoro autonomo sportivo.
Di fatto, nel pieno rispetto dei principi di specialità individuati nella legge delega, il secondo comma dell’art. 28 ha creato la nuova figura della collaborazione coordinata e continuativa sportiva, che differisce notevolmente dagli altri rapporti di collaborazione coordinata e continuativa.
Al collaboratore coordinato e continuativo sportivo, in forza di quanto disposto al terzo comma dell’articolo 34 non si applicano le disposizioni per l’assicurazione obbligatoria di cui al D.P.R. n. 1165/1965, ma le specifiche disposizioni in materia di assicurazione degli sportivi contenute all’art. 51 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
Quanto invece alla copertura previdenziale, l’art. 35 prevede l’iscrizione dei collaboratori sportivi alla Gestione separata INPS di cui all'art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, ma la contribuzione si applica solo sulla parte di compenso eccedente i primi 5.000 euro annui.
Peraltro, sino al 31 dicembre 2027 la contribuzione sarà dovuta nei limiti del 50 per cento dell'imponibile contributivo e naturalmente l'imponibile pensionistico subirà una riduzione in misura equivalente.
Infine, in tema di tassazione dei redditi, l’art. 36, al sesto comma prevede che “i compensi di lavoro sportivo nell'area del dilettantismo non costituiscono base imponibile ai fini fiscali fino all'importo complessivo annuo di euro 15.000.”
Di particolare rilievo pratico è anche la disposizione contenuta nel successivo comma 6 bis che agevola il committente/datore di lavoro nella verifica dell’eventuale superamento della franchigia sopra richiamata, imponendo al lavoratore sportivo di rilasciare specifica “autocertificazione attestante l'ammontare dei compensi percepiti per le prestazioni sportive dilettantistiche rese nell'anno solare”.
Il Legislatore ha inoltre ritenuto opportuno prevedere specifiche disposizioni in tema di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale, cui è dedicato l’art. 37.
Si tratta di collaborazioni "rese “in favore delle società ed associazioni sportive dilettantistiche (iscritte al RASD), delle Federazioni Sportive Nazionali, delle Discipline Sportive Associate e degli Enti di Promozione Sportiva, anche paralimpici, riconosciuti dal CONI o dal CIP” da soggetti che non forniscono attività di carattere amministrativo-gestionale nell'ambito di una professione per il cui esercizio è obbligatoriamente prevista l’iscrizione ad ordini professionali.
A differenza di quanto avviene per i cococo sportivi, i collaboratori amministrativo-gestionali dovranno essere obbligatoriamente assicurati presso l’INAIL, come previsto dall'art. 5, commi 2 e 3, del D.Lgs. n. 38/2000.
Dovranno altresì essere iscritti alla Gestione Separata INPS di cui all'art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335 ma, ai loro compensi si applicherà la franchigia contributiva prevista dal comma 8-bis dell’articolo 35, nonché le ulteriori disposizioni agevolative previste dai commi 2, 6, 7 e 8-ter.
Sotto il profilo della tassazione, i compensi percepiti dai collaboratori amministrativo-gestionali non costituiscono base imponibile ai fini fiscali fino all'importo complessivo annuo di euro 15.000, al pari dei cococo sportivi.
Il D.Lgs. n. 36/2021 ha, molto opportunamente, previsto disposizioni specifiche per le prestazioni sportive dei volontari, di cui SSD e ASD, Federazioni, Discipline Sportive Associate, Enti di Promozione Sportiva, CONI, CIP e Sport e Salute s.p.a. possono avvalersi nello svolgimento delle proprie attività istituzionali.
L’art. 34 regolamenta dunque i rapporti con coloro che “mettono a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per promuovere lo sport, in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti, ma esclusivamente con finalità amatoriali.”
Le prestazioni dei volontari ricomprendono sia l’attività sportiva in senso stretto, che l’attività formativa, e della preparazione degli atleti non possono essere retribuite in alcun modo, nemmeno dal beneficiario.
Il terzo comma dell’art. 34 è categorico e dispone che “le prestazioni sportive di volontariato sono incompatibili con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l'ente di cui il volontario è socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività sportiva”.
Per i volontari è prevista solamente la possibilità di ricevere un rimborso delle spese documentate “relative al vitto, all'alloggio, al viaggio e al trasporto sostenute in occasione di prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale di residenza del percipiente.”
Dunque, per poter applicare tale disposizione, è necessario che la prestazione di volontariato sia stata resa in luogo diverso dalla residenza del volontario e, naturalmente, deve rientrare nelle attività istituzionali del soggetto che le riceve.
In alternativa al rimborso a pié di lista, le spese sostenute dal volontario possono essergli rimborsate a fronte di un’autocertificazione resa ai sensi dell'art. 46 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ma solo a condizione che:
a) “l'organo sociale competente” abbia preventivamente adottato una delibera che regolamenti le tipologie di spese e le attività di volontariato per le quali è ammessa questa modalità di rimborso;
b) i rimborsi pagati a fronte di autocertificazione non superino il limite di 150 euro mensili.
Naturalmente, i rimborsi a piè di lista e quelli erogati a fronte di autocertificazione non concorrono a formare il reddito del percipiente purché erogati nel pieno rispetto dei requisiti sopra riportati.
Infine, gli enti dilettantistici che si avvalgono di volontari devono dotarli di copertura assicurativa per la responsabilità civile verso i terzi con le stesse modalità previste per gli Enti del Terso Settore dall'art. 18, comma 2, del .Lgs. 3 luglio 2017, n. 117.